23 gennaio 2012

Lago

Il lago è mare seduto
su d’un piccolo sgabello,
ai suoi simili chiuso
fermo stretto per misura propria.
A zonzo sul piatto argento
vanno battelli come bolle d’aria,
ebbri di deboli correnti
solcanti arricciate scie
di schiume rase.
Governo è del perimetro avaro
Flutti non scorazzano a scompiglio;
qualcuno rema e scorre rapido
alla sponda giunto ribatterà sull’altra.
Sullo sgabello scruta composto
gli occhi dentro orbite di pendolo,
non lo droga né aizza il vento
pioggia par che gratti la sua accidia.
Azzurro fuso a brace inoperosa
è  l’ostile colore che riveste.
Se azzarda corsa è in sogno
In mal taciute sagre d’oltremare.
Allorché troppo vanti e strilli
l’alta diga che lo serra
ecco alfine catartica tragedia
nera acme d’ambra avita.
Né sonno né torpore amico
han sovente coperte le spalle,
un chiodo lungo un’oscura pressura
scardina il risveglio ogni giaciglio.
Al pescatore che v’entra fermo
affluiscono acque non sempre differenti.
Come dire,
è possibile nello stesso
entrar più volte.

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