27 ottobre 2011

Quercia/Oak

                                   A non dimenticabile possanza
                        l’esister tuo è a norma evocato.
                        Nome femminile, non è un caso,
                        a battezzarti da radice
                        a ramo: quercia, albero amato.
                        Su strade di campagna lastricate a ghiaia
                        libero (non pedinato) tra segreti tuoi sperduto
                        spoglio di giudizio e storia e sparo
                        fermo ho contemplato.
                        Chioma, nube di fini fonde verdi foglie,
                        alzi all’aria,
                        l’astruso cielo a setacciare; se razza sei
                        che nell’autunno scolora e smagra
                        ecco orchestrata grafia di rami viaggiatori
                        arrampicare vuoti, coronar lisce trasparenze
                        gotiche vetrate al tronco infitte.
                        Ogni ramo in fuga (ramo liberato)
                        in scala è gemello
                        al ramo da cui fugge (ramo liberatore).
                        Di così incestuoso viluppo dunque
                        una soltanto parrebbe la chiave:
                        una mandata e l’equivalente 
                        a spiral ritorna a spiral diparte.
                        Del frutto anche non fai risparmio
                        ligneo marmo dal sentinellar titano.
                        Nell’humus spandi, quando non son nettare
                        per molossi, perle opache, gingilli levigati
                        in capo corrugata grana elmo minio.
                        A provar radici attorte
                        sorelle al fondo
                        su mozzi cigli inospitali
                        inclini la tua fronte,
                        a contar bacche e more,
                        a visitar l’umane ore.
                        Ma dal basso (universal copione)
                        insidia sale: edere unghiate
                        coron di spine
                        ti negheranno il sole.

4 commenti:

  1. Queste due parole che sembrano in realtà antitetiche, sembrano divergenti, ognuna sulla propria strada, creano invece un commento estrememente gratificante, e per questo ti ringrazio infinitamente.

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  2. Non potevo che soffermarmi su questo tuo scritto che si riferisce a un albero per me sacro. Mi piace molto l'incipit così altisonante e forte. E bella la fine con quel velo di tristezza malinconica. E tutto il componimento è denso di immagini interesasanti. Mi ha colpito in particolare la frase "spiral ritorna a spiral diparte"... il ciclo dell'anima segue un movimento a spirale ascendente nelle antiche credenze druidiche.
    Un saluto e complimenti per questo luogo pieno d'arte. Daniel

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  3. Caro Daniel, di questa poesia hai colto l'essenziale: il suo corpo e il suo spirito devoti a sacre tradizioni e a quella che chiamiamo Filosofia Perenne. Grazie della tua attenzione. Di non poco conforto.

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